Disinfestazione

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  1. Yami_93
     
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    Aveva camminato a lungo, ora fiduciosa sulla strada intrapresa, ora timorosa di essersi persa in quell’immensa foresta.
    Gli alberi erano alti, dandole spesso la sensazione di venir schiacciata, chiusa in una verde gabbia, persa nel silenzio interrotto solo dal brusio di qualche piccolo insetto o dal bisbiglio del vento tra le foglie. Ora, però, quell’ambigua sensazione di tranquillità mista ad ansia era giunta al termine. Alle sue spalle, gli ultimi sempreverdi emergevano in tutta la loro maestosità, delineando il confine tra la Grande Foresta di Driad e la zona settentrionale, per lo più pianeggiante, di Zhabor. Respirò profondamente, ad occhi chiusi, pregustando le nuove sensazioni che quell’esperienza le avrebbe portato. Il vento faceva danzare i lunghi capelli corvino e la parte terminale del lungo abito nero, illuminato da un timido sole che di tanto in tanto si nascondeva dietro candide nuvole. Era solita perdersi in se stessa quando era sola, fantasticare sui dettagli e i misteri che la circondavano.
    Fu un improvviso destarsi, un ritorno alla realtà, quando i suoi occhi, quel mattino di un pallido azzurro, si posarono su alcuni campi arati posti all’orizzonte.
    Il motivo per il quale era giunta in quel posto si era per un attimo perso in quel clima di apparente calma e desolazione. Si guardò intorno con fare circospetto, cercando con lo sguardo colui che sarebbe stato il suo momentaneo alleato per l'incarico di cui aveva ricevuto l'onere di occuparsi.
    Accertatasi di esser sola, Lilith avrebbe impugnato il violino, lasciando che le note dello strumento si perdessero in quell'atmosfera; avrebbe suonato una melodia dolce, rilassante, per poi interrompersi di colpo non appena avesse avvertito la presenza di qualcuno nei dintorni.


     
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    Joseph ottenne praticamente tutto nella vita, e vinse quella sfida fatta anni addietro insieme ai suoi fratelli: divenne un bravo cacciatore, incassò un ingente quantitativo di denaro, aumentato il suo livello culturale, e infine costruito una lussuosa reggia nel mezzo del deserto. Aveva praticamente tutto ciò che poteva desiderare, eppure, si sentiva un po' vuoto, come se qualcosa mancava nella sua sfarzosa vita. Una donna forse? Non parve una mancanza sentimentale o fisica, piuttosto qualcosa legato alle sue emozioni e la sua prima passione. Il richiamo del cacciatore era troppo forte anche per un uomo di classe, per quel motivo si recò a cercare qualche missiva da compiere, e allargare personalmente i propri guadagni con le bestie selvatiche.
    Con passi lenti, affondando le punte delle zampe nel soffice terreno, l'uomo si stava recando nel luogo in cui fu richiamato per quella missione, la foresta di Driad nel continente Zhabor. Era da parecchio che non ci metteva piede, il suo primo luogo di caccia, dove affinò le sue abilità subito dopo aver lasciato la sua terra natia e visto per l'ultima volta la sua famiglia. Si avvicinò a un albero, che presentava nella corteccia alcuni segni lasciati con un pugnale, raffigurante lo stesso simbolo impresso sul dorso del cacciatore. Ci poggiò sopra la mano, facendo un lieve cenno divertito, facendosi prendere da un momento nostalgico della sua gioventù, ma non aveva tempo per perdersi in certe piccolezze.
    Indossando un classico abito elegante, completamente in nero, con solamente la cravatta grigio perla, si addentrò sempre più nella foresta. Legati sul suo dorso, avvolti da un telo, c'era il suo fedele arco con il fodero pieno di frecce personalizzate, era l'unico modo per nascondere il simbolo che lo farebbe facilmente riconoscere, e quelle armi che non s'addice a un uomo elegante con grazia. Più si avvicinava però, e più le sue orecchie captavano un suono melodioso, qualcosa di ricco e maestoso di suo totale gradimento. Avvicinandosi sempre più, riconosceva quel suono, era di certo un violino, che produceva un suono così dolce, che possibilmente placava gli animi irruenti delle bestie più selvagge e feroci. Curioso qual'era, l'aracnide si avvicinò lentamente e con cautela dalla fonte del suono, pronto a conoscere quale divino essere potesse possedere tale talento musicale, sicuramente degno di nota.
    Giunto vicino al luogo, notò una figura sottile, quella di una femmina, di una razza apparentemente umana o simile. Leggiadra, bella, semplicemente favolosa a vedersi, con quella folta chioma corvina che portava con così tanta grazia. Era certo che avvicinandosi avrebbe attirato la sua attenzione, interrotto quella bella melodia, e probabilmente spaventata con quella sua metà inferiore a cui molti non sono ancora abituati, sperando solamente in un riscontro positivo.
    -Che soave melodia che suonate milady- Sentenziò alla donna, indifferentemente se cessava di suonare captando la sua presenza o meno. -Continuate pure, ve ne prego, spero che un gentile spettatore non possa recare alcun danno- intimò alla figura femminile, sorridendole con quel suo aspetto elegante, cercando di infonderle tranquillità, dato che non era lì con intenzioni ostili, e al momento non aveva bisogno di schiave da commerciare. Semplicemente si sarebbe appostato lì, dato che il luogo d'incontro della missione era nella zona, piegando le zampe e poggiando la parte terminale del suo corpo, sperando che avrebbe gentilmente continuato a deliziarlo con quella sua musica.
     
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  3. Yami_93
     
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    Suonava da pochi minuti, o forse da ore.
    Il tempo diventava qualcosa di estremamente lontano, insignificante quando riproduceva qualcosa con il suo violino.
    Nonostante di solito gradisse chiudere gli occhi, cosicché poteva godere appieno di quei momenti, quella volta Lilith li tenne socchiusi, in attesa dell'arrivo del suo compagno. In effetti, qualcuno arrivò: lo sguardo, tenuto basso, si posò per alcuni istanti su quelle che avevan tutta l'aria essere zampe di un ragno gigante. Smise di dondolarsi come era solita fare mentre suonava, continuando una lungo sol che aveva iniziato.
    -Che soave melodia che suonate milady- affermò una voce maschile alle sue spalle. Si voltò di scatto, più sorpresa che spaventata, e lo vide. La sua attenzione non si posò sulla metà inferiore del corpo, la quale aveva le fattezze di un vero e proprio ragno gigante dal colore del piombo. Notò invece gli occhi, profondi, visibili dietro gli occhiali tondi. Aveva un'aria severa, imponente, che tuttavia infondeva un senso di tranquillità, forse per l'espressione serena impressa sul suo volto, contornato da lunghi capelli neri, forse per la classe e l'eleganza che sembravan caratterizzarlo. Lo fissava in silenzio, con un'espressione innocente, lo sguardo meravigliato tipico dei bambini.
    -Continuate pure, ve ne prego, spero che un gentile spettatore non possa recare alcun danno- continuò, questa volta con un sorriso impresso sul volto.
    In silenzio, suonò ancora per poco, portando a termine la melodia interrotta sul sol proprio per la presenza di quella particolare figura. Lo sguardo era fisso sul volto dell'estraneo, pronta a difendersi se quest'ultimo avesse mostrato ambigue intenzioni. Era da tempo che non suonava per qualcuno, davanti a qualcuno. La sua natura ibrida la portava ad esser disprezzata dagli umani, cosicché vagasse cercando un posto desolato dove perdersi e far perdere la sua musica. L'unico uomo che avesse avuto modo di apprezzare il suono del suo violino era suo padre, ma egli la rivestiva solo di un falso interesse; forse, anche quell'uomo in realtà aveva un secondo fine, ancora impercettibile. Il timore per la natura che quell'uomo celava, però, non le impedì di suonare, rispettando il volere che quel galante estraneo aveva così gentilmente espresso.
    -La ringrazio per l'attenzione- disse in un sussurro al termine della melodia, chinandosi leggermente, mantenendo la parte terminale del vestito . La meraviglia nel suo sguardo aveva ora lasciato spazio ad una più matura curiosità: era la prima volta che si imbatteva in una simile creatura, dalla quale tuttavia non sentiva ancora il bisogno di difendersi. Il suo innato bisogno di conoscere, quella infantile curiosità che le apparteneva da sempre, faceva si che la testa pullulasse di domande: chi era, quale era la sua storia, cosa ci facesse in quel luogo. Era tuttavia consapevole, così come le era stato inculcato sin da bambina, che una simile cascata di domande sarebbe stata tremendamente invasiva, indice di una scarsa educazione. Così, soffocò le domande, i dubbi e le curiosità che per qualche istante le avevano invaso la mente, per poi parlare di nuovo, questa volta con un tono di voce un po' più alto, mantenendo allo stesso tempo fermezza e cordialità.
    -Lei vive qui?-.
    Non le sembrava improbabile che la Grande Foresta di Driad fosse habitat di varie creature, ivi compreso l'affascinante onigumo che stava lì, a pochi metri da lei. Tuttavia, l'aspetto elegante e la cordialità le davano la sensazione di trovarsi al cospetto di un uomo di mondo, qualcuno che -a differenza sua- conoscesse Relisia e i suoi mille aspetti, dai monti di Imperia ai boschi della Guaremma, dalla Grande Foresta di Driad a Zhabor al deserto di Efreet a Dassia.
     
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    Com'era ovvio per un normale vivente di qualsiasi razza, essa si fermò di suonare al giungere di uno sconosciuto non ancora identificato. Il cacciatore gentilmente chiese che la fanciulla continuasse a suonare, e senza che ella pronunciasse parole, lasciò fluire le note nuovamente in armonia, acconsentendo la richiesta del suo ascoltatore. L'uomo le teneva gli occhi addosso, la bellezza di un musicista non è solamente scaturita dalle note che produce, ma anche dai suoi movimenti e le espressioni che assume mentre suona. Notò che gli occhi della giovane erano fissi su di lui, penetranti, come stiletti di ghiaccio che cercavano di scrutarne l'anima e capire ogni singolo pensiero di chi avesse davanti, il che non intimorì il ragno, bensì lo incuriosì.
    Uno sguardo così vigile e attenta non poteva che essere di un'avventuriera, una dama vissuta, oppure di un'assassina che stava suonando un requiem alla sua preda, ma pareva a prima vista sprovvista di armi ed equipaggiamenti utilizzabili se non quel violino.
    Joseph rimase immobile, accovacciato a terra, con le braccia incrociate e la schiena poggiante contro un tronco d'albero, sorridendo allietato da quella melodia, senza preoccuparsi, forse era sempre stato sprovveduto nei confronti del sesso femminile, vedendole come angeli che mai potrebbero nuocere, un giorno poteva essere la sua condanna. Ma si fidava di quella ragazza, e continuò ad ascoltarla, fin quando non concluse quella meravigliosa melodia, ringraziando l'uomo, chinandosi leggermente con grazia e classe, un gesto molto apprezzato da un cultore come l'aracnide. Fece un lieve applauso, battendo le punte della mano destra sul palmo della sinistra, come un nobile farebbe, al posto di sbatterle ferocemente l'una contro l'altra.
    -Semplicemente meravigliosa, complimenti mia cara- disse l'uomo, sostituendo le parole al battere di mani che diveniva sempre più vacuo.
    Osservandola meglio, con quella grazia dei movimenti, doveva dire che era proprio una bella fanciulla, la sua domanda ora era di sapere a quale razza apparteneva, non si sa mai se dietro una splendida rosa non si celi un filamento di rovi acuminati. Si rialzò in posizione eretta, imponendosi nella sua altezza, dovuto alle sottili ma lunghe zampe di ragno, rimanendo basso, dato che per il momento non si riteneva superiore a quella creatura che aveva di fronte. E mentre si aspettava qualche domanda irruente, una fila di curiosità, gli venne posto unicamente un dilemma, il cui contesto non era nemmeno invasivo. Una voce tenue ma prorompente, marcata e ferrea, che sentenziava parole con grazia e garbo, quella dama continuava a stupirlo, piacerle in un certo senso, ammirandone la persona. Non s'aspettava di incontrare una così delicata ed elegante figura, nel mezzo di un bosco che pullula di bestie feroci, molte aggressive e violente, il che allietava la sua giornata, e di certo avrebbe migliorato la missione intrapreso più tardi con un sorriso.
    -Un tempo vissi in questo stesso bosco, sulle sponde del lago che costeggia questo paradiso naturale, ma non è la mia terra natia, e la mia dimora è altrove.- Rispose l'uomo, con garbo e fermezza, con voce calda e accogliente.
    Non volle rispondere su dove fosse nato, dire di provenire da un deserto, in un villaggio barbarico dove si hanno comportamenti ancora da selvaggi, non avrebbe migliorato la sua figura elegante, il passato ormai non importa più, dato che ora era un'altra persona. Si limitò a negare la sua residenza o provenienza su quell'isola centrale, in quella foresta, facendo semplicemente cenno di averci passato parte della propria vita. Mantenne una postura eretta, dritta e ferma, per nulla turbato.
    -Che maleducato che sono, non mi sono ancora presentato- aggiunse togliendosi subito dopo il cilindro e portandolo al petto. -Sono Joseph Alexander Kyle, lieto di fare la vostra conoscenza madamigella, qui al vostro servizio.- concluse, con un piccolo inchino del capo, con voce più tenue e amichevole, senza però perdere il tatto del suo linguaggio formale, nobile ed elegante. Usò il suo nome reale, non temeva che una ragazza potesse rovinare i suoi piani di costruire un'organizzazione illecita, e tanto meno che potesse divenire in un futuro remoto una nemica, preferiva esserle amica, con tutta quella grazia e bellezza.
     
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  5. Yami_93
     
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    L’applauso dell’aracnide fu nobile, leggero, ma allo stesso tempo pareva sentito.
    Per un attimo, al giungere di un complimento, Lilith ebbe la sensazione che il suo pallido volto si avvampasse per qualche istante, per cui abbassò momentaneamente lo sguardo, vergognata per l’aver perso il controllo delle sue sensazioni anche se solo per un attimo. Si sentiva in qualche modo vicina a quell’essere ibrido: il suo aspetto da umana non era altro che una farsa, un vestito senza la quale si sarebbe rivelata una creatura indegna, lontana dall’essere definita umana, ma priva delle capacità di un vampiro purosangue.
    Alla domanda rivolta –l’unica che le sembrasse consentita ad un estraneo per non invaderne la privacy-, le fu data una vaga risposta, in tono garbato e fermo, che negava l’appartenenza dell’aracnide a quel posto. Sapeva, in quel momento, di quell’uomo meno di quanto sapesse l’istante in cui l’aveva conosciuto. Il suo parlare sulla propria dimora e la propria terra natale non fece altro che aumentare la curiosità di Lilith, che si avvicinò di due piccoli passi.
    “Se avesse voluto farmi del male, l’avrebbe già fatto” pensò, rassicurata, ormai a pochi passi di distanza dalla figura che ora emergeva eretta innanzi a lei, il volto tranquillo e rilassato.
    Il suo sguardo era un continuo correre lungo il suo corpo, ora fermo sul cilindro che tanto le piaceva, ora corridore lungo la cravatta, per poi fermarsi sul corpo da ragno e cominciare da capo. L’esser cresciuta rinchiusa in una casa, lontano dal mondo, aveva sempre fatto di Lilith una persona tremendamente curiosa, che riusciva tuttavia a controllare le mille domande che di tanto in tanto le invadevano la mente.
    L’uomo interruppe il silenzio, presentandosi con eleganza: tolse il cilindro, portandolo al petto, come si è soliti fare al cospetto di una persona di un certo calibro.
    -Sono Joseph Alexander Kyle, lieto di fare la vostra conoscenza madamigella, qui al vostro servizio- affermò lui, con un inchino del capo appena percettibile. Lilith ebbe l’impressione che il tono si facesse più confidenziale, di aver guadagnato un po’ di fiducia al cospetto del misterioso ed affascinante arrivato. Aveva un nome elegante, che le piaceva tanto, ma ora doveva porre ammenda alla sua dimenticanza, all'aver fatto prendere il sopravvento alla curiosità piuttosto che badare all'educazione.
    -Ha proprio ragione. Mi scuso per non essermi presentata prima di rivolgerle quella domanda- affermò, chinando profondamente il capo: persa nelle sue fantasticherie, curiosità e domande, aveva dimenticato di presentarsi a quel cordiale uomo.
    Il mio nome è Lilith, Lilith Violet Renomof. Il piacere di conoscerla, le assicuro, è tutto mio- si presentò, alzando il capo, mentre lunghe ciocche di capelli le scorrevano lungo il viso, poi lasciò intravedere un timido sorriso che tuttavia celava i denti: questi, oltre alla carnagione particolarmente pallida, erano un chiaro segno della sua vera natura, che tendeva a celare con molta premura.
    Improvvisamente, quando il suo sguardò posò sull’astuccio contenente le frecce, un’idea le balenò alla mente: possibile che –e la notizia non le avrebbe recato dispiacere alcuno- quel compagno che ormai tardava era proprio lui, Joseph Alexander Kyle?
    Ruppe nuovamente il silenzio, formulando un’altra domanda, questa volta con maggiore sicurezza, ma senza perdere la cordialità che il conversatore meritava.
    -Sa… Sono qui in attesa di qualcuno, e mi chiedevo se non fosse proprio lei quel qualcuno che tanto ho atteso. Ho l’onere, un onere di cui io stessa mi sono caricata, di compiere un’azione di disinfestazione della quale, se lei è qui per il mio stesso motivo, sicuramente sarà già informato- affermò con un lieve sorriso. Avrebbe voluto ricevere la stessa informazione con una domanda meno diretta, ma aveva il timore di incombere in un’altra risposta vaga, che nulla avrebbe fatto se non stuzzicare maggiormente la curiosità della giovane.
     
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    Seppur i due non si conoscevano affatto, sembravano entrambi a loro agio uno accanto all'altro. Entrambi mostravano modi eleganti, garbati e nobili, sia nel portamento che nel linguaggio e lessico, persino i movimenti, aggraziati lei e composti lui. Due anime pressoché simili, le uniche differenze variavano unicamente dal sesso e dalla razza di appartenenza, per il resto, parevano essere gemelli separati da lunghe distanze, finalmente ricongiunti. La ragazza si avvicinava sempre più, lentamente, al cacciatore, che rimase immobile mantenendo un espressione lieta, non aveva timore di una così bella fanciulla, che sorrise. Veramente un bell'angelo quello che aveva d'innanzi, un sorriso molto sottile e pacato, quella pelle pallidissima e apparentemente liscia, occhi profondi in cui poteva quasi rispecchiarsi alla perfezione, il simbolo dell'eterna bellezza. Erano segni di una razza, ma non poteva avere la conferma se non osservando un piccolo particolare, che a quanto pare celava parecchio bene, e il dubbio continuava a persistere sulle origini della dama.
    Entrambi si scrutavano, i loro occhi danzavano come ballerini in quello che pareva essere una sincronia perfetta. Lui ammirava la sua delicata bellezza, lei che scrutava ogni suo lato per scorgerne eventuali imperfezioni, rimanendo pur sempre cauta seppur già più calda e aperta nei suoi confronti. Quando lei si fermò, a circa sei passi umani da lui, domandò scusa per essere sta anch'ella sgarbata, rivolgendosi nuovamente a lui presentandosi con il proprio nome, Lilith Violet Renomof, un nome delicato che perfettamente s'abbina alla sua bellezza e al colore purpureo delle sue fredde labbra. Ora che lei era abbastanza vicino all'uomo, posò gli occhi sul telo nero che ricopriva qualcosa di nascosto sul dorso del cacciatore, e parve anche capire cosa si celasse al suo interno. Iniziò a raccontare che stesse aspettando qualcuno, e che era lì per una missione di disinfestazione, ponendo quasi per scontato che anche l'onigumo fosse lì per tale ragione. Istintivamente diede uno sguardo veloce e fugace alla sacca posta alle sue spalle, apparentemente seppur copra tutto l'equipaggiamento, si vede chiaramente che nascondono armi da combattimento.
    -Effettivamente mia cara, son qui per una missiva riguardo una disinfestazione. Non mi avevano informato della vostra gentile presenza, che di certo non mi dispiacerà affatto avere al mio fianco: una così elegante e affascinante damigella quali siete voi.- Rispose, confermando i suoi sospetti, purtroppo non era a conoscenza di un secondo partecipante, forse perché iscritto per primo o perché è stato sbadato a non accorgersi di tale dettaglio. Poco importava, la ragazza non gli dispiaceva come compagna, seppur fosse un cacciatore solitario, la presenza della donna non lo disturbava affatto, dato che entrambi avevano un carattere verosimile. Ora dovevano semplicemente attendere che giungesse colui che incaricò loro della missione, così potevano già incominciare, però Joseph, pur mantenendo un espressione normalissima, fu sconcertato, sorpreso che quella bella fanciulla sapesse combattere, e qui la sua curiosità incominciava a divampare ardente come le fiamme di un braciere.
     
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    Trovare per puro caso uno spirito affine è sempre una bellissima cosa, ma nello studiarsi a vicenda Joseph e Lilith si stavano probabilmente dimenticando che erano venuti lì per eseguire una missione che aveva una certa urgenza per un semplice contandino. Certo, forse a due individui raffinati come loro non importava molto della sorte degli ortaggi di un misero zappaterra, ma a breve quei due avrebbero assistito ad un evento che li avrebbe riportati sul loro obbiettivo... anzi, più che "assistito" era più corretto dire che la prima cosa che li avrebbe riportati coi piedi per terra sarebbe stato una serie di parole gridate che provenivano dalla direzione del campo di verdure poco lontano da dove si trovavano la Dhampir e l'Onigumo...

    -VIENI QUI, BRUTTA PALLA DI PELO...!

    Quella voce abbastanza profonda, quasi "grassa", apparteneva ad un massiccio Kiboko vestito con pantaloni di stoffa con bretelle incorporate che a malapena riusciva a contenere il suo corpo dalla pelle azzurria ed un cappello di paglia sulla sua testa, impegnato ad inseguire una piccola figura dalla peluria bianca con una carota ben stretta nelle zampette che finì per sparire in un cespuglio che si trovava ad una decina di metri dai due avventurieri, lasciando il suo grosso inseguitore con il fiatone. Tenendosi stretto la zappa con cui aveva inseguito l'essere candido, l'ippopotamo umanoide si piegava praticamente ad ogni pesante respiro portato a bocca completamente aperta, per poi mormorare tra sè e sè...

    -Sto diventando troppo vecchio per tutto questo...

    Tirando un ultimo sospiro per riprendere fiato, l'uomo guardò con uno sguardo triste la direzione generale in cui il ladro di carote era scomparso nella foresta, avendo ormai perso quell'ortaggio che aveva coltivato con fatica... se quello non era un segno che quello era il committente della missione per la quale l'aracnoide e la mezza vampira avevano deciso di viaggiare fino a quel luogo, allora avrebbero avuto bisogno di un grosso cartello che avrebbe indicato la già possente figura del loro attuale datore di lavoro.
     
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  8. Yami_93
     
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    Ed erano dunque lì, fermi ad aspettare qualcuno che li rivestisse dell’incarico. Come Lilith aveva sospettato, Joseph era in quel posto per il suo stesso motivo.
    La conferma gli venne data con il suo solito carisma, grazia; la presenza di un compagno la rassicurava: non amava combattere, e forse non ne era neanche veramente portata per farlo. La sua maniacale cura per le mani –quel giorno ricoperte da guanti di pizzo nero, dello stesso ricamo della parte del vestito che le copriva parzialmente il seno e parte delle spalle- non la rendeva una combattente audace, ma piuttosto un’abile ammaliatrice. Lo stesso violino le serviva per assoggettare qualcuno, in modo tale da non dover compiere di prima persona il lavoro sporco.
    Nell’attesa del tale che aveva riscontrato determinato problema, avrebbe potuto continuare a indagare curiosamente su Joseph, ma un urlo la costrinse a rinunciare al soddisfacimento delle sue curiosità per voltarsi. Alle sue spalle, probabilmente proveniente da uno di quei campi coltivati posti lì vicino, vi era il proprietario di quella voce profonda che, a giudicare dal suo abbigliamento –un abbigliamento che sembrava appartenere ad una persona più minuta- si sarebbe detto esser un contadino dall’aspetto molto particolare. Infatti, si trattava di un kiboko, dal classico fisico massiccio e dal colorito azzurro. Con il volto evidentemente provato, si apprestava ad inseguire una piccola creatura dal pelo bianco, che si sarebbe detto aver rubato quello che era frutto del lavoro del kiboko. La piccola bestiola riuscì ad annidarsi in un cespuglio a dieci metri da loro, e poco poté fare il contadino per recuperare il prezioso ortaggio. La fatica lo aveva evidentemente segnato, e tra un pesante respiro e l’altro farfugliò qualcosa tra sé e sé, in un misto di autocommiserazione e dispiacere, stringendo la zappa che avrebbe forse utilizzato nel caso in cui si fosse avvicinato sufficientemente a quel batuffolo bianco che ora era sparito.
    Lilith si vestì di un mezzo sorriso e, dopo che avrebbe fatto uno sguardo d’intesa a Joseph, si avvicinò al Kiboko: a meno che quello di aver un campo infestato da “ladri di ortaggi” fosse un problema comune in quel posto, quello doveva essere proprio il loro committente.
    -Salve, il mio nome è Lilith Violet Renomof. Credo di esser qui per aiutarla- cominciò con un sorriso cordiale, avvicinandosi al Kiboko mentre questo si lasciava a profondi respiri. Da vicino, notò maggiormente quanto fosse massiccia la figura che aveva davanti, e quanto lei sembrasse piccina al confronto.
    -Vedrà che risolveremo il suo problema- avrebbe poi tentato di incoraggiarlo in tono amichevole, chinando leggermente il capo, in modo che i capelli le scorressero lungo il vestito.
     
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    Avrebbe dovuto compiere la missione di disinfestazione con una ragazza apparentemente priva di alcun equipaggiamento, che fosse una combattente magica? Sperava solamente che non fosse d'intralcio, perché di certo un uomo come lui mai avrebbe lasciato che un petalo così delicato s'infrangesse in battaglia, per mantenere la sua cospicua bellezza. E mentre i suoi occhi continuavano ad ammirare cotanto splendore, e la sua mente ragionava su ciò che la giovine avrebbe potuto fare in combattimento, le sue orecchie captarono un suono poco distante, delle urla rabbiose di un gergo molto grezzo. I due si voltarono, notando uno strano individuo appartenente alla razza dei Kiboko, che inseguiva quello che sembrava essere un animaletto dal pelo bianco con una carota, si direbbe un'infestazione di conigli, sarebbe ciò la missione?
    Il contadino aveva una voce grassa e pesante, un vestire molto logoro e grezzo, miseri pantaloni con tanto di bretelle e un cappello di paglia molto rovinato. Joseph ovviamente, non poteva aspettarsi che tutti avessero la sua grazia e stile, sopratutto un contadino dell'entroterra di Zhabor, ma sapeva ingoiare i rospi ed evitare di fare commenti negativi o sarcastici alle persone che purtroppo non hanno avuto la fortuna di un istruzione come la sua, ed era anche in difficoltà per poterlo distruggere ulteriormente psicologicamente. La ragazza si avvicinò al kiboko, e così fece anche Joseph, rimanendo comunque tre passi dietro la fanciulla, per avere spazio e controllo per ogni evenienza. Il contadino era stanco, probabilmente era anziano, non era facile dirlo con molte razze umanoidi, per esempio elfi e dhamphir era quasi impossibile stabilire l'età da una semplice occhiata, così anche l'uomo che richiedeva il loro aiuto.
    Ci pensò la giovane Lilith a presentarsi e promise da parte di entrambi che la missione sarebbe stata eseguita perfettamente. L'onigumo di certo non aveva bisogno di dire il proprio nome, era lì per un lavoro da svolgere, seppur era da parecchio che non scendeva in campo di battaglia. Afferrò il telo nero che copriva il suo dorso, per poi con un gesto elegante toglierla e mostrare l'armamentario che nascondeva al di sotto di essa, il suo arco e la faretra pieno di frecce. Tirò fuori dalla giacca un paio di guanti in cuoio nero borchiati, e li indosso, per poi afferrare l'arco e scoccare una freccia contro un albero li vicino. Il telo nero, che teneva sull'avambraccio, lo lanciò sopra di essa, così come la sua giacca elegante, concludendo lanciando il cilindro che andrò a centrare l'estremità della freccia, il tutto ovviamente con fare maestoso e grazioso, gli indumenti infatti seppur lanciati erano ben sistemati sopra l'appendiabiti costruito sul momento. Si sbottonò il colletto della camicia, tirando su le maniche fino a oltre il gomito, slacciandosi la cravatta e legandola al braccio sinistro, finendo sistemandosi gli occhiali.
    -Non si preoccupi buon uomo, risolveremo il suo problema il più velocemente possibile- sentenziò Joseph, con una voce molto più marcata e ferrea, senza perdere però quel suo charme che lo caratterizzava. Seppur il portamento nobile e il parlato elegante, ora il cacciatore era in tenuta da caccia, mostrando un fisico ben messo delle braccia e spalle che poco prima erano celati sotto quella imponente giacca finemente lavorata, dandogli un'aria più virile accostata alla sua solita grazia. Un contadino non poteva di certo fidarsi delle parole di una ragazza privo di equipaggiamento e dal fisico tenue, e di un uomo elegante che sembra mai essersi sporcato le mani, aveva bisogno di certezze che loro fossero seriamente dei guerrieri che potevano risolvere il suo problema. L'onigumo equipaggiò la faretra in spalle, e prese in mano l'arco, con già una freccia tra l'indice e il medio della mano destra, attendendo che anche la giovane fosse pronta per l'azione prima di intervenire.
     
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    Ormai quella storia andava avanti per troppo tempo, e se non si sbrigava a risolverla il prima possibile sarebbero stati guai seri per le sue colture. Tuttavia, lui da solo poteva fare ben poco: era un contadino, non un guerriero, ed anche se riusciva a rifilare una zappata all'occasionale ladro di ortaggi solitario doveva occuparsi dell'origine di quel problema. Proprio mentre questi pensieri gli passavano per la testa, due individui, una ragazza apparentemente umana ed un Onigumo vestito in una maniera che il povero contadino poteva solo sognare, si avvicinarono a lui dopo aver assistito al suo tentativo di inseguimento fallito del "parassita", immaginando che fosse lui il loro committente. Certo, non poteva dargli torto dopo quella gaffe ed era l'unico in zona, ma gli sembrava che ultimamente i giovani stessero diventando fin troppo sfrontati... per Drasill, stava proprio diventando vecchio! Fortunatamente per Lilith e Joseph, quell'uomo era davvero il loro datore di lavoro, quindi riprendendo il fiato con un'ultimo sospiro il contadino si sarebbe voltato verso di loro, per poi dire...

    -Quindi voi due siete quelli che hanno accettato la mia richiesta di disinfestazione?

    Terminata la suddetta frase, il Kiboko si sarebbe tolto il cappello dalla testa con la mano libera, portando ambo al fianco destro e rivelando la sua crapa pelata, ed avrebbe portato lo sguardo verso la sua sinistra... non era del tutto sicuro delle capacità della giovane armata di violino, e l'aracnoide sembrava più un cacciatore per sport in cerca di una buona sfida... ma non si doveva guardare in bocca al caval donato che doveva risolvere i suoi problemi, no? Dopo qualche attimo di silenzio, il committente avrebbe detto...

    -Non è una cosa esattamente da gran guerriero, ma ho famiglia ed il pensiero di continuare a vedermi rubare il raccolto da quei cosi pelosi che di sicuro si riprodurranno a manetta entro breve mi fà venire i brividi...

    Riportando quindi il cappello di paglia sulla sua capoccia e lo sguardo sui suoi due "dipendenti", il contadino avrebbe portato la zappa nella mano destra per puntare col pollice sinistro la direzione in cui la sagoma bianca era sparita in mezzo ai cespugli.

    -Insomma, voglio che troviate il nido e li facciate tutti fuori, carini o meno: la direzione dovrebbe essere più o meno quella, ed al massimo i resti delle mie carote vi guideranno lì, a volte se li mangiano mentre scappano, quasi per prendersi gioco di me.

    Non poteva essere più chiaro di così, non si era mai spinto dentro alla foresta per seguire i parassiti dei suoi campi... e per un motivo ben preciso che avrebbe spiegato a breve. Abbassando la mano destra e tirando un'altro leggero sospiro con la sua grande bocca da ippopotamo, l'uomo avrebbe continuato il suo discorso.

    -Vorrei dirvi di più, ma non mi posso permettere di allontanarmi da qui, altrimenti mentre ne inseguo uno tutti gli altri verrebbero a finire il lavoro. Posso solo augurarvi buona fortuna.

    Certo, forse si poteva addentrare almeno un pò nella foresta per dare un paio di indicazioni extra a chi sarebbe venuto per aiutarlo, ma non era proprio fatto per l'avventura o per l'esplorazione di luoghi che erano all'infuori dei suoi campi coltivati. Si sentiva un pò patetico a confronto di quei due giovani che erano venuti lì per far fuori i suoi avversari, ma dopo una vita passata solo a coltivare i campi non poteva certo andare ad affrontare le fiere della foresta così, su due piedi! Ora era tutto nelle mani della Dhampir e dell'aracnide, doveva solo vedere se prima non volevano qualche informazione in più...
     
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  11. Yami_93
     
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    Lilith non si poteva dire una persona superficiale, e talvolta dimenticava dell’innocente aspetto che celava la sua natura, della totale diffidenza che qualcuno proverebbe nell’affidare un qualsivoglia compito nelle mani di una fanciulla armata… di violino.
    Anche quella volta, probabilmente, la sua presenza avrebbe fatto nascere dubbi nel kiboko, che si rivelò essere –come sospettato- il mittente della missione. Joseph, al contrario, continuava ad ostentare classe e maestria, rivelandosi una figura molto più rassicurante della fanciulla.
    Scoprì l’arco e la faretra contenente le frecce celati dal telo nero che copriva il suo dorso, per poi indossare un paio di guanti borchiati che custodiva nell’elegante giacca. Ad un tratto, poi, a Lilith parve di essere al cospetto di un onigumo diverso, più agguerrito, che manteneva solo la classe del Joseph conosciuto pocanzi. Quest’ultimo, infatti, scoccò una freccia verso un albero, verso la quale gettò i propri indumenti eleganti, con una precisione tale da ricreare un ordinato appendiabiti. Ora, al suo fianco, Lilith aveva una figura decisamente più incoraggiante, credibile nel ruolo che erano chiamati a svolgere.
    Anche da parte sua arrivarono parole di incoraggiamento verso il contadino, per poi preparare l’arco e attendere che anche Lilith fosse pronta per svolgere l’incarico. La dhampir lo fissò per un attimo, poi capovolse il violino che teneva saldamente con la mano sinistra, volgendo dunque il riccio verso il basso, l’arco impugnato delicatamente con la mano destra. Era molto più pratico, in una battaglia, suonarlo in quel modo, a mo’ di violoncello capovolto: era pronta anche lei.
    Il Kiboko si tolse il cappello, scoprendo il capo pelato, per poi rivolgere lo sguardo verso coloro i quali si sarebbero cimentati nell’impresa: dopo attimi di riflessione, il contadino spiegò sinteticamente il problema che lo affliggeva, per poi scendere nei particolari della missione.
    Pretendeva, come gli era di diritto farlo, che i due si liberassero della fonte dalla quale provenivano le piccole creature, indicando con il dito un’approssimata direzione.
    “Al massimo i resti delle mie carote vi guideranno lì. Incoraggiante” pensò Lilith, seguendo con sguardo deluso la direzione indicata dal kiboko. Aspettò che finisse di parlare, sperando in qualcosa di più definito, preciso rispetto ad un generico “seguite le carote”, ma nulla arrivò se non la spiegazione del perché il luogo del nido delle creature fosse a lui ignoto.
    -Le creature che rubano le sue colture, appartengono tutte alla stessa razza?- avrebbe chiesto dopo un sospiro, riferendosi alla piccola creatura bianca che avevano visto precedentemente fuggire via. Una volta ricevuta la risposta, se anche Joseph fosse stato pronto, si sarebbe avventurata verso la direzione indicata, non priva di dubbi sul tempo che i due avessero impiegato per trovare un nido di creature così piccole in una foresta così grande.
     
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    L'onigumo era pronto all'azione, si era disfatto di quegli abiti ingombranti, seppur eleganti e di classe che esaltavano la sua bellezza raffinata, e teneva ora in mano l'arco con cui affrontare ogni situazione. Diede uno sguardo alla dolce fanciulla, che in risposta prese nuovamente quel violino e preparandosi come a suonarla, era ormai chiara, doveva sicuramente essere un'incantatrice, probabilmente una maga, oppure, ancor meglio per il cacciatore, una domatrice. L'uomo accennò un sorriso nell'ipotizzare tutte quelle possibilità che non gli dispiacevano affatto, una classe di supporto era sempre gradita alla fine, e insieme al suo tiro con l'arco potevano compiere qualsiasi impresa in pochi attimi.
    Il kiboko diede davvero poche informazioni, disse solamente che dovevano cercare da soli la tana delle bestie e sterminarle. Joseph ovviamente, avendo appena aperto l'attività, avrebbe gradito catturarli piuttosto e finanziare le proprie tasche in cospicui guadagni che potevano fruttare quelle piccole bestie. Non seppero nemmeno cosa fossero, l'unico indizio che avevano era la stazza piccola, il pelo bianco, e che il loro pasto preferito sono le carote. Mentre Lilith poneva un ulteriore domanda all'uomo, Joseph si permise di avvicinarsi al cespuglio dove la palla di pelo di era nascosta, chinandosi e raccogliendo con mano le briciole di carota che furono lasciati dal fuggitivo, osservandone i morsi. Si elevò al massimo della sua altezza, tendendo le zampe di ragno, simile al mettersi in punta dei piedi umani, e guardò in direzione, notando altre tracce di quella bestia fuggita.
    Si chinò nuovamente, alla ricerca di qualche orma, per poi toccarle con l'indice e il medio, portandoli successivamente al naso per riconoscerne l'odore. Un uomo dal doppio volto, che sapeva avere l'eleganza di un cigno, la fierezza di un'aquila, la praticità di un falco, e più avanti avrebbe mostrato la furia combattiva di un corvo. Chi sa cos'avrebbe pensato la giovane compagna, vedendo un uomo capace di sfruttare il proprio carisma, e al contempo contare su una muscolatura abbastanza sviluppata, come si diceva in passato: il braccio ha bisogno di una mente per agire, e la mente senza un braccio spesso fallisce. La ricerca della perfezione lo ha portato a diventare un cacciatore, un guerriero allenato, ma anche un cultore della conoscenza e dell'intelligenza, molti potevano invidiarlo.
    -Dalle tracce rivelate, sembrano essere normalissimi conigli. La loro fugacità però, unita alle loro orme, fa pensare che sono mostri molto veloci. L'unica cosa certa è che sono di piccole dimensioni, molto probabilmente dei conigli o simili, nulla di troppo complesso ipotizzo- Esplicò l'uomo, che mostrò essere un osservatore attento e analitico.
    Non rivelò nessuna certezza, né conoscenze precise, semplici supposizioni che portavano a un normale coniglio con qualche cosa di diverso da renderlo un mostro. Era un modo come un altro per diminuire le possibili tensioni dovuto alla totale mancanza di conoscenza dell'obbiettivo, e anche come reagire nel migliore dei modi, quindi il fatto che erano piccoli delineava una missione di facile lega. Joseph avrebbe quindi preparato la freccia che teneva nella destra nell'arco, osservando la ragazza. -Vado avanti, raggiungetemi appena siete pronta mia cara- disse l'uomo, per poi incamminarsi in quella direzione. Molti, sopratutto il contadino, avrebbe trovato strano vedere un cacciatore con un parlato così fluido e ricco, e un uomo di classe avere una tale muscolatura nelle braccia e adattabilità primitiva per cacciare. Ora erano lì per una missione, e l'avrebbero portato a termine.
     
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    Era più che cosciente della sua scarsa utilità come fonte di informazioni, ma come aveva spiegato prima non poteva rischiare di seguirne uno per dare le informazioni ai mercenari per poi perdere metà del suo raccolto per mano degli altri membri del gruppo del ladruncolo solitario. Probabilmente si stava preoccupando troppo, ma lui ormai era un vecchio testardo, non un ragazzino che insegue ogni cosa che entra nel suo prato: per coltivare quelle carote si spaccava la schiena, e voleva limitare le perdite. La ragazza si mise a chiedere se tutti i parassiti dei suoi campi appartenevano allo stesso tipo di creatura, e prima che il Kiboko potesse rispondere alla domanda fu l'Onigumo elegante a spiegare che sembravano essere dei conigli, quindi un lavoro facile. A quelle parole il contadino potè solo rispondere...

    -Non conigli normali, questo è sicuro... comunque sì, tutti della medesima razza.

    Sempre un pò sul vago, ma almeno un minimo di risposta soddisfacente era stata data. Si sentiva, ed effettivamente era, inpotente in quei frangenti, ma era per questo che esistevano tante persone al mondo, no? Così come le verdure, ognuno di loro aveva un beneficio da offrire agli altri, il Kiboko gli ortaggi e quei due giovani le capacità in combattimento. L'uomo-ragno decise di andare avanti e di precedere la sua collega, quasi per rendersi conto della situazione o per dimostrarsi un cavaliere... insomma, ragioni che allo zappaterra sfuggivano, e si inoltrò nella boscaglia nella quale era scappato il ladro di carote. Grattandosi la nuca pelata con la mano libera, il contadino avrebbe dato gli ultimi auguri almeno alla ragazza, dicendo...

    -Bè... a questo punto posso solo augurarvi buona fortuna. Io resterò nei pressi del mio campo fino al vostro ritorno, e preparerò la vostra ricompensa.

    Non poteva fare molto altro, c'era motivo per dire di più? Ora era il turno dell'azione dei due combattenti, non dell'anonimo coltivatore di carote.
     
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  14. Yami_93
     
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    Di solito si tende a tenere ciò che non si conosce. Qualcosa di soltanto supponibile, qualcosa di lontano dalla conoscenza è stranamente più inquietante di un qualcosa verso la quale si dovrebbe avere veramente paura.
    Alla vista della piccola creatura, reggente come il più grande dei tesori il bottino del furto, Lilith si era sentita effettivamente più tranquilla, ma temeva che altre creature, dall'aspetto meno innocente, avessero invaso il campo del povero contadino. Probabilmente anche quegli esserini dovevano esser dotati di un fattore che li rendesse temibili, ma a Lilith parvero quanto meno dominabili. Doveva semplicemente aver conferma che quelle fossero le uniche creature interessate alle colture del kiboko, e che altre -dall'aspetto più feroce- non avessero semplicemente evitato di esporsi quel giorno. Una domanda forse superflua, ma cercare il nido di quelle creature con l'ansia che qualcosa di più grosso facesse la propria comparsa in scena non era per la dhampir il modo migliore per affrontare la missione.
    Mentre rivolgeva la sua domanda al contadino, Joseph fece sfoggio di un'altra abilità, analizzando meticolosamente le tracce che le bestiole avevano lasciato, dalle orme ai residui di carote: si dimostrò anche un buon osservatore, mantenendo il carisma che ormai lo rivestiva, e che probabilmente -pensò Lilith- lo avrebbe accompagnato anche durante il combattimento.
    Lo guardava con la coda dell'occhio ergersi, accigliare lo sguardo per poi chinarsi verso il suolo, non lasciando neanche il minimo particolare incolto. Poi, prima che il kiboko potesse dare la sua risposta, riassunse il risultato delle brevi ma accurate osservazioni fatte, risultando preciso in quelle che tuttavia presentò come supposizioni, per poi aver manforte nelle sue teorie dal contadino, il quale confermò anche l'appartenenza dei "ladri" alla medesima razza.
    -Bè... a questo punto posso solo augurarvi buona fortuna. Io resterò nei pressi del mio campo fino al vostro ritorno, e preparerò la vostra ricompensa- tagliò corto il contadino, quasi come ad invitare i due a svolgere al più presto il lavoro. E come biasimarlo? Era ormai evidente che quel raccolto valeva per lui molto, ed era dovuto a dure fatiche.
    Un ultimo sorriso, e la dhampir si voltò verso il proprio compagno, che si era appena incamminato verso la direzione indicata. Nonostante l'assetto da combattimento, Joseph non smise di ostentare la solita grazia cavalleresca ed un nobile comportamento. Sembrava quasi surreale come due aspetti così diversi coincidessero nella sua persona: anche questa caratteristica affascinava Lilith, che tuttavia si limitò a fissarlo per qualche istante, notando come i muscoli erano più visibili, non celati dall'elegante cappotto. Lo seguiva fedelmente, lasciando che fosse lui a decidere la direzione da intraprendere. I motivi che la spingevano a seguirlo fedelmente erano molteplici: oltre ad essersi dimostrato un ottimo osservatore, che riconoscendo le orme che le creature lasciavano nel terreno poteva indirizzare i due verso una strada corretta, era -a detta sua- già stato in quella foresta, avendone quindi una conoscenza più approfondita della dhampir stessa.
    L'avrebbe seguito in silenzio, silenzio che a tratti sembrava quasi infastidirla, facendo attenzione al minimo rumore che li circondasse, che si distinguesse dal lontano cinguettio degli uccelli o dal giocare del vento tra le foglie degli alti alberi, il violino posto costantemente con il riccio rivolto verso il basso: ormai, ne era sicura, Joseph doveva aver intuito che era proprio lo strumento musicale l'arma che avrebbe usato nel caso ce ne fosse stato bisogno.
    Lei, piccina com'era, sembrava sparire dietro l'imponente figura dell'onigumo, né riusciva a vederne il volto; così, la sua attenzione posò sul segno rosso che aveva sulla schiena, prima coperto; ma, consapevole di dover restare attenta a ciò che la circondasse, senza perdersi come era solito fare nei dettagli, preferì che lo sguardo roteasse ai lati del sentiero intrapreso, voltandosi di tanto in tanto indietro.
    Si chiedeva come sarebbe stato l'onigumo in battaglia, ma anche quella domanda rivolta a se stessa presto fu cestinata: probabilmente, la tana di quelle creature non sarebbe stata lontana dai campi dove ormai erano solite fare riserva di cibo, per cui avrebbe a breve avuto modo di vedere chi era realmente Joseph Alexander Kyle e quali fossero le sue capacità.

     
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    La cavalleria vuole che siano le dame a procedere per prime, ma non era tempo di tanta galanteria, sopratutto in una missione. Il motivo che spinse il cacciatore a mettersi davanti alla ragazza, seppur fosse un tiratore a distanza, era perché non poteva che pensare alla giovane come un'incantatrice magica, una classe con poteri di supporto e non d'assalto. Era più esposta a pericoli, con quel suo fragile corpo di cristallo, gli uomini sono robusti di natura, l'avrebbe protetta più che volentieri, amante e conservatore di tutto ciò che era bello, come appunto la sua accompagnatrice. Fu una scelta ponderata dunque, quello che spinse Joseph ad avanzare davanti alla ragazza, con tanta naturalezza e normalità dal suo punto di vista, abituato a valutare le dame come preziosi gioielli.
    Una volta incamminati, solamente allora incominciò a porsi delle domande che prima gli erano sfuggiti, preso dalla missione e dalla sensazione di gioia a rivestire i panni da cacciatore. Si chiedeva nella sua mente cosa poteva pensare una ragazza di tanto carisma come Lilith di un uomo che si presenta elegante e di classe, rivelandosi però un abile cacciatore che sa come essere manuale e laborioso. Purtroppo in lui, risiedeva uno spirto guerriero che struggeva il suo animo per uscire e ruggire come un fiero leone della sua potenza e bravura, e la cosa gli piaceva molto. Il senso del rischio, dovendo stare attento a ogni mossa che si fa, evitando trappole o attacchi a sorpresa. La conoscenza che il mestiere porta, permettendo viaggi in giro per il mondo, incontrando e affrontando moltitudine di bestie, cose che nemmeno sui libri puoi studiare, la pratica è necessaria per alcuni argomenti quali geografia e biologia.
    Giunto a un certo punto, si fermò, allungando il braccio sinistro con l'arco in segno di fermarsi alla giovane che stava alle sue spalle. Socchiuse gli occhi, analizzando meglio l'area che li circondava, fissando le strane orme e le briciole di carota che erano ormai finiti. Guardò un po' dappertutto, dalla pavimentazione alle cime degli alberi, nulla sembrava sfuggire al suo occhio perlustratore.
    -Ci accamperemo qui.- Disse l'uomo improvvisamente. -Le tracce sono finite qui, di conseguenza il loro nido non è affatto lontano. A vedere la direzione del campo e delle orme questo è il sentiero che percorrono abitualmente. Dovendo affrontare un duello, è meglio disporre di un adeguato campo di battaglia.- continuò il cacciatore, lasciando capire di non aver finito il suo discorso. -Come tirato con l'arco e voi probabilmente una classe magica di supporto, prediligiamo entrambi un'area libera da ostacoli e impedimenti. Qui abbiamo uno spiazzo pseudo circolare, all'incirca 7m di diametro, senza rocce, cespugli o piante i alcun genere, la zona perfetta direi. Tenetevi pronta mia cara, non vorrei che venisse rovinato il vostro splendido sorriso.- Concluse l'onigumo, voltandosi un attimo alla ragazza e sorridendole con l'ultimo complimento alla sua bellezza. Tirò fuori da una sacca legata alla cintura, poco visibile dato il mimetismo con la sua parte da ragno, una carota, che spezzò in tanti pezzi chiudendo il pugno. Lanciò quella manciata di carote verso il centro di quello spiazzo, mentre loro erano ancora all'estremità, in una zona vegetativa, che poteva fungere da perfetto nascondiglio. L'arciere si sarebbe dunque sposato di lato, permettendo alla ragazza di vedere ed eventualmente agire, chinando il suo corpo da aracnide dietro i cespugli, tendendo l'arco e mirando in direzione delle briciole, attendendo che la preda uscisse allo scoperto.
     
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