Zappaterra

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    Se avesse potuto farlo, avrebbe sinceramente desiderato sfracellarsi a terra. Doveva essere masochista o molto sfortunato con il lavoro se ultimamente gli capitavano solo lavori fuori porta: prima quel ragazzino che si crede tanto furbo a cercare di prendere gli altri a pugni nelle "noci" e adesso una missione legata all'agricoltura... entrambe nel continente di Dassia, così dannatamente lontano dall'area neutrale Zhabor che era praticamente la sua dimora. Si era dovuto nuovamente incamminare per la foresta di Driad, si era imbarcato ad Irale ed era approdato nella Laguna Pairot per dirigersi verso l'interno del Corno Pianeggiante, ma questa volta si era allontanato dall'avamposto ribelle, dirigendosi verso le campagne: la sua destinazione era una piccola casa in mattoni dove sembravano aver bisogno di un pò di aiuto per il raccolto nei campi, un'attività sinceramente inusuale per l'Etonom, ma che lo avrebbe aiutato a tenersi attivo ed gli avrebbe fatto guadagnare qualche moneta in più. Ed ecco lì la modesta dimora, fatta di rettangoli di argilla schiariti dal sole, che era la sua destinazione... circondata da campi e con accanto un piccolo deposito per le provviste e gli attrezzi, aveva proprio l'aspetto che ti potevi aspettare da una casa contadina, modesta ma accogliente. Meno accogliente sembrava essere il tempo, specialmente visto che quella brezza fredda, combinata alle nuvole che ogni tanto oscuravano il sole ed all'assenza di umidità erano come segnali di allarme per l'arrivo della stagione invernale, ed Eric detestava l'inverno. La sua metà insettoide gli induceva un pò di sonnolenza casuale durante quel periodo, come se dovesse andare in letargo da un momento all'altro, e se c'era qualcosa di spiacevole era cadere in un lungo sonno mentre stai meditando sotto ad una cascata o mentre sei su una nave piena di gente. Insomma, lui detestava la stagione fredda, ma di sicuro lo stesso provava il suo committente: per gli agricoltori la stagione fredda significava un lavoro più duro, senza contare che se non riuscivano a raccogliere i frutti dell'estate e della primavera in tempo quel periodo di gelo avrebbe mandato tutto alle ortiche. Pensadoci meglio, perchè diamine stava lì a pensare a certe cose quando i suoi problemi erano minuscoli rispetto a quelli del suo cliente? L'insettoide avrebbe ripreso la sua avanzata, dirigendosi a passo deciso verso la porta in legno che conduceva all'interno di quella dimora, mentre annusava l'odore di agrumi che aleggiava nell'aria... Eric dovette scuotere la testa un paio di volte per togliersi di dosso una possibile acquolina per la frutta, in fondo non era mica lì per mangiarla, e tra l'altro preferiva le mele. Diamine, sperava proprio che non ci fossero mele tra le cose da raccogliere, altrimenti di sicuro quel lavoro sarebbe fallito a prescindere! In ogni caso... tra una fantasticheria ed un'altra era arrivato all'uscio della casa in mattoni, e tirando un leggero sospiro l'insettoide avrebbe bussato alla porta con la mano destra per attirare l'attenzione dei padroni di casa, che a giudicare dal fumo che usciva dal camino dovevano essere dentro. Cosa lo avrebbe aspettato oltre quella porta?
     
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    La stagione invernale era ormai alle porte e stava per portare con sé gelo, venti freddi, raffreddori e tutte le altre belle cose che un agricoltore potesse desiderare. O perlopiù odiare. Difatti, per un tipo come lui, un gentile vecchietto che faceva l'agricoltore da una vita, l'inverno era la più terribile delle stagioni: le sue coltivazioni, così come quelle dei suoi "vicini", si sarebbero rovinate se fosse arrivata una gelata nella notte o un forte vento freddo, o qualsiasi altra disastrosa perturbazione meteorologica; avrebbe dovuto iniziare già a raccogliere i suoi frutti ma sfortunatamente sua moglie si era presa un'influenza che lo aveva obbligato a tener d'occhio più lei che il suo raccolto. Tutto per amore, anche perdere la propria fonte di guadagno. Non era grave, ma data l'età della moglie, l'influenza l'aveva disabilitata molto ed era rilegata a letto sotto ad un mucchio di calde coperte; poi, dato che aveva inviato una richiesta di aiuto, sarebbe dovuto arrivare un qualche mercenario ad aiutarlo ed infatti qualcuno bussò alla porta. Il vecchiettino scese le scale e percorse il soggiorno fino ad arrivare davanti alla porta: l'anziano signore indossava dei robusti stivali neri e degli altrettanto resistenti pantaloni color sabbia tenuti su da delle bretelle rossicce, con una camicia di flanella bianca e un maglione di lana marrone scuro. Si era preparato per accogliere l'ospite e per iniziare il lavoro, ed intanto aveva assicurato sua moglie che sarebbe tornato entro poche ore e che le medicine si trovavano sul piccolo comodino di fianco a lei. L'agricoltore aprì la porta e si trovò davanti un bel ragazzo etonom di tipo scarabeo che sembrava pronto ad aiutare il nonno con i suoi faticosi lavori.
    -Oh, salve giovane!-, disse l'anziano signore con un tono di voce che sprizzava molto entusiasmo, forse perché quell'oggi poteva terminare quel duro lavoro. -Sono Pajer, ma tutti mi chiamano Nonno per la mia età, anche se mi dicono che non dimostro più di sessant'anni. Però, psssss-, portò la mano sinistra vicino alla bocca e si avvicinò al giovane ragazzo-, io ne ho ottantuno!- dichiarò il nonno, ritirò la mano mancina ed allungò la destra per presentarsi ufficialmente all'etonom. Il signore aveva un aspetto molto giovanile a cominciare dal viso: quei suoi occhi castano chiaro-ambra non trasudavano fatica e stanchezza di essere ancora al mondo; il viso non era segnato da pesanti ed esagerate rughe, ma gli zigomi erano leggermente cadenti, le labbra erano segnate da quelle rughette verticali tipiche degli anziani e quando parlava gli si vedeva principalmente l'arcata inferiore dei denti. La pelle era leggermente più chiara del normale ed il suo fisico un po' striminzito dalla vecchiaia (comunque era alto un metro e sessantaquattro) e magro, però nessuno gli avrebbe dato ottant'anni.

    -

    Parlato
    Narrato

    Note: mi debbo giustificare per il ritardo ù_ù È stata colpa dei tizi che smanettano coi fili della rete di internet e non so cosa ci stiano facendo con quei preziosissimi cavetti <.< Io li picchierei D:
     
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    Bè, l'aveva presa stranamente bene: non che credesse che tutti gli abitanti della parte ribelle del Corno Pianeggiante fossero come il piccolo Joshua, ma quell'agricoltore non sembrava essere troppo sorpreso di vedere un grosso scarabeo umanoide con la pelle ad esoscheletro davanti alla porta della sua abitazione. Certo, la cosa non era affatto spiacevole, ma l'Etonom rimase zittito un secondo da quella presentazione così "normale" nei suoi confronti, e dovette sbattere un paio di volte le sue palpebre a guscio per riuscire a riprendersi dalla leggera sopresa di quell'evento. Il nome del suo committente era Pajer, altresì conosciuto come "Nonno" per via dei suoi ottantun'anni, che apparentemente l'anziano non mostrava, e lo stesso Eric doveva ammetterlo, sembrava più giovane di quel che era, e quella specie di "confessione" non potè che far scappare una leggera risata all'insettoide. Aveva una sorta di deja-vu, ma lo avrebbe spiegato a breve, mentre stringeva la mano destra al suo anziano cliente con la sua "mano corazzata"... probabilmente non era proprio il massimo dell'educazione fare quel gesto di cortesia con un'appendice ricoperta da un'arma, ma per forza dell'abitudine toglieva di rado quel guanto metallico che gli serviva per portare i colpi più pesanti dell'arte marziale, senza contare che togliere e rimettersi Unguis gli avrebbe fatto perdere cinque minuti buoni che poteva usare per il raccolto. In ogni caso, dopo la stretta di mano avrebbe detto...

    -Eric Nastos, monaco. In effetti porta bene i suoi anni, anche più del mio maestro.

    Il suo vecchio mentore aveva sì i capelli bianchi -quelli che erano rimasti, almeno-, ma anche un fisico ed un'energia fisica invidiabili per un anziano, e sinceramente l'insettoide non aveva mai capito quanti anni avesse esattamente il suo padre adottivo... qualsiasi numero fosse stato, erano troppi per restare tra i vivi, apparentemente. In ogni caso, nonostante il Nonno non avesse un fisico da giovincello come Tadao, non mostrava affatto l'età avanzata che probabilmente lo aveva costretto a chiedere l'aiuto di un estraneo. A questo proposito, era ora che Eric facesse una certa domanda.

    -Comunque... per quali compiti le serve aiuto?

    Non gli piaceva molto dover essere così diretto, ma era venuto lì per lavorare e tanto valeva iniziare ad aiutarlo prima che si facesse buio e la temperatura scendesse ancora di più, era tutto nell'interesse di entrambi. Poteva sembrare un pò rude o sbrigativo, ma se c'era qualcosa che doveva essere fatto era meglio farlo, no?
     
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    Il giovane etonom pareva sorpreso dal comportamento del Nonno, in quanto così normale nel vedere un insettoide davanti alla sua porta. Eric, così si chiamava il ragazzo, era un monaco ed era qui, come aveva chiesto il gentile signore, per aiutare quest'ultimo: difatti il Nonno aveva bisogno che qualcuno l'aiutasse a raccogliere i suoi frutti dall'albero prima dell'imbrunire e prima che arrivasse il freddo. Le sue adorate arance e i suoi pompelmi erano pronti per essere raccolti e portati nel magazzino lì vicino a casa, e da lì lavati e poi venduti ai mercati o ai migliori offerenti. Il ragazzo comunque rispose alla stretta di mano ed emise una leggera risatina alla "battuta" dell'anziano signore, aggiungendo anche che il Nonno portasse molto bene i suoi anni; voglioso comunque di lavorare (e di essere pagato), Eric chiese che tipo di lavoro Pajer gli facesse fare.
    Il vecchio si schiarì la voce con un colpo di tosse ed aggiustandosi il giubbotto prese a parlare: -Ah sì bene, giusto, ancora non ti ho detto cosa farai oggi. Ebbene, io coltivo arance e pompelmi per venderli ai mercati o comunque a chi voglia un chilo o due di questa preziosissima frutta. Come ben sai, aiuta contro il raffreddore, eheheh! Andiamo..-. Il vecchio allora chiese all'etonom di spostarsi dall'uscio e appena un passo fuori di casa, chiuse la porta a chiave e s'incamminò, sottintendendo che il giovane dovesse seguirlo dietro al retro di casa sua. Non pochi passi dopo, infatti, e proprio proprio dietro casa, c'era un modesto magazzino dove sarebbero stati riposti gli agrumi e un grosso campo dalle mille sfumature arancio. In quel campo c'erano cinque alberi d'arance e cinque di pompelmi, ed essi si ergevano belli in alto e si muovevano al leggero venticello fresco fresco. Improvvisamente, il Nonno si sarebbe girato verso il ragazzo: -Come puoi vedere, ci sono dieci alberi sparpagliati per tutto il campo e cinque sono di arance e i rimanenti di pompelmi. Beh, le arance sono arancioni e i pompelmi sono verdi, quindi non sarà un problema distinguerli. Quello che dovrai fare è prendere una scaletta per arrivare all'altezza giusta dei frutti, controllare uno per uno se il frutto è maturo e metterli in una cesta da spalla che prenderai dopo.-, dichiarato ciò, indicò al giovane l'ingresso del magazzino, che era già aperto perché Pajer ci stava trafficando prima dell'arrivo di Eric e continuò: -Allora, lì dentro ci sono tutte le ceste che vuoi. Ogni cesta contiene in media una trentina di frutti, poiché questa specie di arance e pompelmi sono detti giganti per le loro dimensioni leggermente fuori dal normale, perciò dovrai fare più viaggi avanti e indietro, e puoi tranquillamente poggiare la cesta piena prendendone una nuova ed iniziare la raccolta daccapo. Per distinguere i frutti maturi da quelli un po' più acerbi, annusali e tastali. Quelli maturi hanno un'aroma più dolce, o più aspro in caso dei pompelmi, e sono leggermente più morbidi al tocco rispetto a quelli che devono ancora giungere a maturazione. Le ceste e la scaletta sono in magazzino e bon, buona fortuna! Io parto da quell'arancio laggiù!-, decretando ed indicando l'arancio più infondo del campo, il primo a cui erano spuntati i frutti. Quasi s'incamminò per iniziare il lavoro, quando gli venne in mente un'ultima cosa da dire ad Eric: -Scusami, sono un po' petulante, ma mi sono dimenticato di dirti che su ogni albero ci sono circa un centinaio di frutti ma che solo un'ottantina sono maturi. Detto questo, buon lavoro!-, sorrise mostrando una dentatura ancora perfetta, forse ingiallita dal fumo della pipa.
    Il Nonno poi avrebbe risposto ad ogni domanda o dubbio del ragazzo, in caso non avesse capito qualcosa della spiegazione dell'agricoltore. In ogni caso, l'anziano signore sarebbe stato lì ad accogliere qualsiasi richiesta; se non ci fossero stati intoppi o richieste da Eric, Pajer si sarebbe velocemente diretto al magazzino, aprendo il portone in legno ed uscendo imbracciando una scala più alta di lui ed un cestino portato a tracolla. Il Nonno poi avrebbe raggiunto l'arancio indicato prima e poggiata la scaletta al corpo del grosso albero, avrebbe iniziato a camminare in equilibrio su uno dei suoi rami più robusti, mostrando al giovane quanto fosse pimpante anche a ottant'anni suonati. Il vecchio si era accorto però che gli occhi del giovane scintillavano di determinazione.
     
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    Raffreddore? Ah, giusto, quella strana malattia che causava gli "starnuti"! Se non fosse stato per il tempo passato con il suo maestro umano l'Etonom non avrebbe neanche saputo di cosa stava parlando il suo cliente, visto che la sua sotto-razza sembrava essere un bersaglio poco gradito a quel batterio, probabilmente per via di una questione di conformazione fisica o chissà cos'altro. Lasciando stare le immunità del suo naso, il Nonno gli fece cenno di spostarsi e dopo aver chiuso la porta della sua casa si diresse verso il retro di quest'ultima con l'insettoide appresso, superando un magazzino oltre il quale si trovava un campo di alberi da frutto, dai quali arrivavano due aromi contrastanti, l'adorato odore dolce ed un altro odore più pungente, aspro... arance e pompelmi, decisamente. Si chiedeva come si facesse a bere o mangiare i secondi, ma dovette mettere da parte questi pensieri per ascoltare il "briefing" del suo mittente, che gli parlò delle dimensioni leggermente superiori al normale della sua varietà di frutta e gli diede le indicazioni per capire quali frutti doveva raccogliere e quali no, puntandolo anche verso le ceste che avrebbe dovuto usare per contenere la merce. Una spiegazione sbrigativa, che tuttavia l'insetto si sforzò di assimilare il prima possibile prima che il vegliardo lo congedasse con un compendio sul fatto che solo una modesta parte degli innumerevoli frutti di cui si dovevano occupare fosse effettivamente pronta per essere colta... e poi diamine, cento frutti... se questo non lo temprava un pò non sapeva cosa gli avrebbe raddrizzato le spalle! Bè, onestamente il problema non era tanto quello, come avrebbe detto sottovoce lo stesso Eric...

    -... Sono preoccupato proprio della mia capacità di raccogliere a mente lucida...

    Se proprio doveva odorare della frutta dolce, avrebbe fatto meglio a fare qualche accorgimento per resistere alla tentazione di mordere anche solo un frutto con le sue mandibole esterne. L'uomo avrebbe tirato un profondo sospiro, che si sarebbe tradotto in un lungo "shaaaaaaa" portato a mandibole semi-aperte, e si sarebbe sfilato con forza il guanto corazzato lasciando nuda la mano destra, avvolgendo poi quell'arma nella lunga manica bianca che copriva il braccio corrispondente e legandosi a striscia blu che teneva quest'ultima ben salda sulla spalla sopra alla zona della propria "bocca". Sì, in pratica si era tolto il vestiario e l'armamentario del braccio destro ed aveva usato la fascia blu che lo teneva sul posto per imbavagliarsi: non sarebbe riuscito a mordere nessun frutto in quel modo, e ringraziava per una volta la carenza di ghiandole sudoripare nel suo corpo visto che non ci sarebbero stati odori inutili o sgradevoli a bloccare il suo istinto olfattivo, mentre la sua arma e la manica che copriva il braccio erano state infilate tra le pieghe della fascia posta sui suoi fianchi. Ora era pronto, ed onestamente era leggermente indietro rispetto al Nonno, che si era già diretto verso l'arancio più indietro rispetto agli altri e vi si era arrampicato. Non si poteva certo dire che al vegliardo non mancasse la vitalità, e forse a quel punto era meglio dargli man forte raccogliendo pompelmi partendo dall'albero più vicino al magazzino: l'insettoide sarebbe andato a rifornirsi di cesta e scala per salire sull'albero designato, notando qualche leggera incompatibilità tra la sua gobba adibita per ali a corno e la cesta a tracolla, ma nonostante questo piccolo inconveniente Eric avrebbe iniziato a lavorare dopo aver dato un leggero avvertimento al suo cliente.

    -... Spiacente Nonno, potrei lasciare qualche segno durante una mia "scalata".

    Detto in modo che il vecchio potesse sentirlo, l'Etonom lo stava solo avvisando del fatto che per raggiungere i rami più alti avrebbe potuto aver bisogno delle sue doti di scalatore di alberi che un'infanzia nella foresta e la sua metà insettoide gli avevano fornito, ma che lui poteva attuare solo con un pò di forza bruta. In fondo, non era per la difesa personale che i suoi arti avevano appendici leggermente artigliate, bensì per aderire meglio ai rami dei grandi alberi. Forse non era bravo come i suoi simili che avevano vissuto il resto delle loro vite nelle foreste, ma lui si poteva considerare uno scalatore decente. In ogni caso, l'uomo avrebbe iniziato il raccolto, facendosi venire un pò di lacrime agli occhi per via dell'aspro odore di certi frutti e tastando leggermente con i suoi polpastrelli artigliati la superficie dei pompelmi per vedere se fossero pronti o meno... per ora era sui rami più bassi, e ne aveva trovati tre o quattro buoni per essere colti. Meglio di niente, ma temeva sinceramente che quelli migliori si trovassero proprio in cima alla pianta.
     
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    Pajer era ormai concentrato sul suo lavoro: stava su un grosso e robusto ramo di arancio, pronto per individuare quei dolci e succosi frutti maturi. Guardava in alto su un ramo appena poco più in su di lui e, dato che non ci arrivava, si aggrappò al ramo per farlo incurvare verso il basso, giusto un pelo per pareggiare l'altezza fra lui e i frutti. Tenendo con la mano sinistra uno dei bracci dell'arancio, fece che arrivare con l'altra mano alla prima arancia: a colpo d'occhio pareva decisamente buona e pronta da raccogliere. A quel punto doveva solo tastarla ed infine annusarne l'aroma per capire se era effettivamente buona da mangiare. Avvicinò la mano destra al frutto e coi polpastrelli ne pigiò il corpo: l'arancia era ben soda e sulla scorza non presentava neanche un'ammaccatura creata da quei disgraziatissimi uccelli o da quegli strani insetti volanti che mangiavano spesso qualche suo frutto; la staccò facendo vibrare leggermente le foglie d'arancio e la prese con sè. Quell'arancia era perfetta, davvero, e Pajer l'avvicinò al naso per carpirne l'essenza: le sue narici vennero ben presto inondate da un aspro ma dolce e piacevole aroma, il quale gli faceva leggermente solleticare il setto nasale. La prima arancia di quel ramo era perfetta e pronta per essere messa in una cassetta di frutta e venduta, oppure spremuta, mangiata, avrebbe fatto una triste fine in ogni modo. Presa la cesta a tracolla, il Nonno poggiò sul fondo la prima arancia, e lo fece molto delicatamente per evitare che comparissero future ammaccature sul frutto. Dopo aver sorriso e sospirato, prese nuovamente a camminare fino alla seconda arancia ma qui, poco prima di poter cogliere il frutto, venne interrotto da Eric: l'etonom infatti gli urlò che avrebbe potuto lasciare dei segni sulla corteccia degli alberi durante qualcuna delle sue scalate per prendere i pompelmi. Pajer allora si voltò in direzione dell'insettoide e dopo aver raccolto aria nei suoi polmoni, aprì la bocca per rispondere a tono ad giovane: -Non ti preoccupare ragazzo, tu porta a termine il tuo compito. Qualsiasi segno tu possa lasciare, non sarà mai abbastanza per rovinare questi alberi!-, disse. Non intendeva dire che l'etonom non era abbastanza forte da abbattere quegli alberi, semplicemente voleva fargli notare quanto quelle piante fossero resistenti a qualsiasi tipo di segno avrebbe potuto lasciare. Dopo avergli risposto, continuò con la raccolta della frutta.
     
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    Aspro, anzi, dannatamente aspro. Solo così poteva definire l'odore che sentiva dall'ultimo pompelmo che aveva addocchiato, ed al tatto delle dita in esoscheletro della mano destra poteva sentire che era abbastanza morbido. A giudicare dalle linee guida che il vecchio Pajer gli aveva dato per distinguere i frutti maturi quel pompelmo doveva essere pronto per essere colto, e proprio questo avrebbe fatto lo scarabeo: lo avrebbe staccato dal ramo a cui era attaccato e messo con delicatezza dentro a quella cesta che continuava a scivolargli dalla spalla sinistra per via di problemi tecnici. Ormai ne aveva messi già due o tre, ed aveva anche ricevuto una risposta dal suo cliente a proposito di quella domanda sulle sue scalate, ed apparentemente quegli alberi erano abbastanza robusti da poter resistere ad un bacarozzo che si arrampicava per recuperare i loro frutti, arti adatti alle arrampicate o meno. Insomma, aveva avuto il via libera per operare come voleva in quella raccolta, quindi avrebbe continuato il suo lavoro senza ripensamenti, ed una volta terminati gli agrumi maturi sui rami più alti si sarebbe apprestato a salire di un "piano", incassando leggermente le sue uniche due dita/artigli dei piedi nella corteccia della pianta per darsi un pò di appoggio ed aggrappandosi al ramo più robusto della seconda fila di appendici dell'albero. Ora, il vero problema era sinceramente il resto della scalata: le ramificazioni poste vicino alla base erano piuttosto resistenti, ma come avrebbe fatto a prendere i frutti più in alto se la cesta che li doveva contenere continuava a scivolargli via dalla spalla? ... Bè, di certo non lo avrebbe scoperto continuando a girarsi i pollici, quindi avrebbe ripreso la raccolta, senza però mancare di fare un piccolo commento a bassa voce.

    -Tante piccole montagne di legno, ed io devo scalarle tutte... bella prospettiva.

    Non si era mai aspettato un lavoro fisico facile, ovvio, ma era uno di quei momenti in cui il solo pensiero di ciò che devi fare ti fa sentire stanco a prescindere. L'inizio di aria invernale poteva aver dato un piccolo incentivo in più, ma non era certo una scusante: avrebbe dovuto tirare fuori quel vecchio spirito di scalatore che aveva da piccolo e continuare a raccogliere pompelmi fino a quando a cesta non fosse stata piena, lo aspettava una giornata molto lunga.
     
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